La Villa di Lucio Munazio Planco

A differenza del Mausoleo, che è giunto fino ad oggi in buono stato, la sontuosa villa del console Planco è quasi del tutto scomparsa. Di essa rimangono pochi resti nella zona del Santuario: qualche colonna spezzata, capitelli, tracce di opus reticulatum e cinque cisterne che testimoniano la maestosità dell’impianto.
Ove ora sorge il Santuario della Santissima Trinità, meglio conosciuto come il Santuario della “Montagna Spaccata”, sulle pendici del Monte Orlando, si osservano gli avanzi estesissimi di una fastosa villa di origine romana: tale dimora fu attribuita  a Lucio Munazio Planco, essendo essa stata costruita, in molte parti, con lo stesso materiale e nella stessa maniera di alcune strutture interne del Mausoleo e trovandosi nei pressi di quest’ultimo, come era usanza generalmente dei romani costruirsi la tomba vicino all’abitazione. La villa, che occupava tutto lo spazio ove è ora la chiesa con le attigue abitazioni, è stata fatta demolire in larga parte da Carlo V nel 1536 per ampliare le mura della città. 

PERCHE’ GAETA?
Planco scelse Gaeta come luogo della sua dimora non solo per la vicinanza dell’ottimo approdo per le navi provenienti da quelle lontane province che recavano notizie e tesori dei beni di cui lui era ancora proprietario, ma anche e soprattutto per l’attraente posto: la villa sorgeva infatti sulla punta più suggestiva del promontorio, 
“tra il cielo e mare, in una solitudine luminosa, a ridosso di anfratti misteriosi, dove la terra si spacca per consentire compenetrazioni sorprendenti di luci e di colori, dove si scontrano in un vortice unificante e si baciano l’alito amaro di salsedine del Tirreno e il respiro d’incenso dei pini del monte, dove non giunge il volo del gabbiano e solo il tremolio di qualche lampara a sera segna fremiti umani, lontano, a Serapo, dove il libeccio muove le dune di sabbia dorata” .  (Gaetano Andrisani, “Le cisterne della villa di Planco a Gaeta”, in “Lunario Romano (XII), Il Lazio nell’antichità romana”, Roma 1983)

LA STRUTTURA
Da immagini aeree della zona interessata, sono evidenti le  tracce perimetrali di ampi locali e giardini che appartenevano alla suntuosa villa. Oggi,  i resti visibili della dimora si concretizzano in qualche mezza colonna, qualche capitello, alcuni reperti minori e tracce di opus reticulatum che si possono vedere in più punti. Ma la testimonianza più notevole sulla presenza di un grande complesso abitativo è costituito da 5 cisterne di notevolissima capienza le quali dovevano avere un lastrico, un recipiente qualunque, che raccogliesse in gran quantità l’acqua piovana, e tramite un canale gliele conducesse. Le cisterne asservite alla villa sono oggi conservate in ottimo stato e ci danno tutta l’idea, per la loro enorme capienza, della grandezza della villa di Planco. La struttura si trova addossata alla parete verticale del colle, sul piano immediatamente superiore alle coperture della chiesa e dell’edificio sede del convento, su un fronte di 25 metri e una profondità di 14 metri, coprendo una superficie di quasi 350 metri quadrati. Il genere di costruzione in opus reticulatum, adottato dalle maestranze locali, è del tutto simile ai resti relativi alla villa e alle strutture interne del Mausoleo: di qui la prova che i manufatti citati appartengono alla stessa epoca.